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Enrico Facco parla dell'ipnosi applicata nell'odontoiatria a "L'Ordine di Treviso"

Enrico Facco parla dell'ipnosi applicata nell'odontoiatria a

Presso l'Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Treviso, sabato 16 maggio 2015, si è tenuta su iniziativa della Commissione Albo Odontoiatri una conferenza dedicata ad una disciplina poco nota in medicina: l'ipnosi. Il professor Enrico Facco ha spiegato in modo affascinante da esperto e noto per la sua ricerca in questo ambito come l'ipnosi e il linguaggio ipnotico possano essere di aiuto in ambito odontoiatrico e medico in generale. Abbiamo rivolto al professore alcune domande per spiegare ulteriormente quanto espresso in sede di relazione.

Gentile Prof Facco, nella sua bella conferenza ha esordito parlando del diritto del paziente a non soffrire né a causa dell'ansia né del dolore ed ha indicato alcune tecniche specialistiche.Queste risorse rimangono un patrimonio di pochi dentisti particolarmente dotati o possonoessere alla portata di tutti i professionisti?

La LM-46, ovvero il decreto che istituisce l'ordinamento didattico della laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria, definisce l'anestesiologia come «disciplina odontoiatrica caratterizzante» e stabilisce inoltre che «i laureati magistrali della classe, al termine degli studi saranno in grado di applicare la gamma completa di tecniche di controllo dell'ansia e del dolore connessi ai trattamenti odontoiatrici (nei limiti consentiti all'odontoiatra)». Tale norma è in perfetto accordo con il Profilo delle competenze del dentista Europeo (PCD), pubblicato dall'Association of Dental Education in Europe (ADEE), l'organizzazione che dal 1975 svolge il ruolo di rappresentante ufficiale delle scuole odontoiatriche europee.

Il medico odontoiatra deve essere dunque competente nella gestione dell'ansia e della fobia odontoiatriche con tecniche sia comportamentali sia farmacologiche, deve essere competente nella gestione delle emergenze e nella valutazione e terapia del dolore acuto perioperatorio: l'ansia e il dolore sono infatti la causa principale di stress e di emergenze in ambito odontoiatrico e solo il loro adeguato controllo può consentire la più elevata sicurezza.

In altre parole, l'odontoiatra non può più ridursi al ruolo di "tecnico"  dei denti, ma è e deve essere il professionista della salute orale; in termini più generali, nessun medico deve avere come oggetto della sua professione la sola cura delle malattie, ma deve sempre curare il paziente, che non è e non può essere considerato come semplice portatore passivo di una patologia. La bocca è un organo intimamente connesso con la vita affettiva e con i bisogni fondamentali per la sopravvivenza: si pensi all'alimentazione, all'eros, all'aggressività (il morso).  L'odontoiatria è storicamente associata a una grande sofferenza (si pensi alle estrazioni dentarie senza anestesia locale o con un'anestesia insufficiente): da qui origina l'elevata prevalenza dell'ansia e della fobia odontoiatriche, le quali devono ancora oggi in molti casi la  loro origine  a pregresse esperienze negative e traumatizzanti in ambito odontoiatrico e/o medico. Il medico odontoiatra deve essere dunque competente nella gestione dell'ansia e della fobia odontoiatriche con tecniche sia comportamentali sia farmacologiche, deve essere competente nella gestione delle emergenze e nella valutazione e terapia del dolore acuto perioperatorio e di quello orofacciale cronico: l'ansia e il dolore sono infatti la causa principale di stress e di emergenze in ambito odontoiatrico. In conclusione, queste competenze non sono affatto patrimonio di pochi e selezionati specialisti, ma sono parte ineludibile della competenza professionale dell'odontoiatra moderno ed elementi fondamentali della sicurezza e della qualità delle cure.

Può indicare che relazioni ci sono tra le emergenze in odontoiatria e l'ansia spesso misconosciuta del paziente?

Come già accennato, il dolore e l'ansia sono la principale causa di emergenze nello studio odontoiatrico. Questo dato, ormai in­ discutibilmente riconosciuto nella letteratura scientifica internazionale, non sorprende: infatti sia l'ansia sia il dolore non sono mai materia di sola esperienza soggettiva, ma sono fenomeni intimamente psicosomatici, parte della reazione di stress (quella già definita da Cannon agli inizi del secolo scorso come reazione di lotta o di fuga), con tutte le implicazioni neurovegetative e ormonali utili a far fronte all'emergenza. Le reazioni fisiche conseguenti, come ad es. le modificazioni della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, sono la porta che si apre verso lo scompenso e quindi l'emergenza. Alcuni studi recenti dimostrano chiaramente come la stragrande maggioranza delle emergenze nello studio odontoiatrico sono dipendenti da fattori assolutamente riconoscibili e prevenibili, cosa che richiede un nuovo approccio clinico e l'implementazione di nuove competenze (quelle previste dalla LM-46 be dal PCD) da parte dell'odontoiatra, rispetto al tradizionale e riduttivo ruolo di semplice tecnico dei denti.

Può indicare nello specifico quali tecniche non farmacologiche possono essere utilizzate per portare il paziente ad uno stato di ansiolisi, cioè di tranquillità nei confronti dell'ambiente odontoiatrico?

Se la sedazione cosciente farmacologica rimane un passo fondamentale della gestione dell'ansia odontoiatrica, essa tuttavia è solo un punto di un processo molto più ampio. Vale la pena di precisare a questo proposito che la sedazione cosciente in odontoiatria è materia totalmente diversa, per scelta di farmacie obiettivi clinici, da quella della sedazione utilizzata in anestesiologia in ambito medico, essendo il suo scopo una pura ansiolisi priva di modificazioni significative della coscienza e di interferenze con le funzioni vitali: in altre parole, l'obiettivo è il perfetto benessere psicofisico del paziente associato al mantenimento della sua perfetta autonomia e collaborazione. L'ansiolisi,a sua volta, non è semplice materia di scelta e somministrazione del farmaco, ma è un complesso processo in cui il ruolo chiave è svolto dall'odontoiatra con il suo comportamento. Da qui nasce, la necessità di acquisire le tecniche di comunicazione necessarie ad una corretta e adeguata gestione del paziente ansioso, in particolare la iatrosedazione (tecnica di colloquio odontoiatrico derivata dalla programmazione  neurolinguistica) e l'ipnosi: queste  tecniche di ineludibile importanza, se ben utilizzate, consentono da sole livelli di ansiolisi eccellenti e non di rado superiori a quelle farmacologiche. Esse possono essere ovviamente implementate, quando necessario, dalla sedazione farmacologica, che costituisce solo un passo, anche se molto utile e talora indispensabile, del processo di lisi dell'ansia.

Con la iatrosedazione è possibile riconoscere le cause dell'ansia, della fobia e del riflesso del vomito  e aiutare il paziente nella ristrutturazione cognitiva del suo problema, portandolo a superare le sue difficoltà; con l'ipnosi è inoltre possibile raggiungere uno stato di grande rilassamento, che appare simile per intensità a quello di una sedazione farmacologica profonda, con il vantaggio di mantenere la più efficiente e pronta collaborazione del paziente e le più stabili condizioni fisiologiche.

Tra le tecniche che ha indicato vi è l'ipnosi. Purtroppo nel passato i mass media hanno creato confusione nei confronti di questa risorsa rendendo l'utente diffidente se non proprio spaventato. Può descrivere brevemente cosa l'ipnosi non è?

C'è ancora un persistente pregiudizio sia nella gente sia nei professionisti della salute sulla natura dell'ipnosi , che viene associata tradizionalmente all'idea di perdita della coscienza, del controllo e  delle capacità critiche, trasformando il paziente in una specie di zombie nelle mani dell'ipnotista: nulla di più falso. Al contrario, l'ipnosi  è  un'attività introspettiva intenzionale  in grado di migliorare il controllo sulla propria mente e sul proprio corpo,  ottenendo risultati che non è possibile raggiungere con la coscienza ordinaria. L'ipnosi non è una cosa che l'ipnotista fa a un altro: l'ipnosi la fa sempre e solo il soggetto, che, seguendo le istruzioni dell'ipnotista, può imparare a farla anche autonomamente (autoipnosi) . Che l'ipnosi sia una potente tecnica di autocontrollo lo dimostra il fatto che il soggetto può imparare, in relazione alle sue abilità ipnotiche, ad affrontare con stabilità emotiva l'intervento, liberarsi della paura o anche raggiungere un'analgesia ipnotica. L'essenza dell'ipnosi, che presenta forti analogie con la meditazione, è da ricercare nella capacità di concentrazione e nell'assorbimento: se paragoniamo la coscienza ordinaria ad una macchina fotografica, l'ipnosi è paragonabile allo zoom, con cui si può osservare in maggiore dettaglio quanto messo a fuoco, escludendo dal campo della percezione quanto si colloca al di fuori dell'interesse e del focus attentivo.

Quali conferme abbiamo dalla ricerca e dalla letteratura del fatto che l'ipnosi, oltre ad essere priva di rischi, ha una sua effettiva utilità sia in psicoterapia, che in campo chirurgico ed odontoiatrico in particolare?

La letteratura scientifica internazionale sull'ipnosi è oggi molto vasta e ammonta ad alcune migliaia di articoli. È altresì disponibile un crescente numero di studi sulla RM funzionale, che sta chiarendo alcun sui suoi aspetti neuropsicologici, ovvero la sua capacità di modificare intenzionalmente l'attività di aree cerebrali che non sono sotto il controllo della coscienza ordinaria: ad esempio c'è oggi una chiara evidenza di come l'ipnosi sia in grado di aumentare la soglia del dolore fino all'analgesia chirurgica con un processo top-down, che, partendo dall'attivazione della corteccia prefrontale  dorsolaterale  sinistra, arriva a modulare  la connettività della neuromatrice del dolore (comprendente l'insula, la corteccia somatosensor iale, la corteccia cingolata anteriore e le strutture del lobo limbico). È interessante notare a questo proposito che l'ipnosi è diversa dall'effetto placebo, in quanto, a differenza di quest'ultimo, non ha meccanismi oppioidi e non è quindi reversibile al naloxone. Per quanto riguarda il suo ruolo in psicoterapia, è da notare che l'ipnosi è un'attività intrinsecamente psicosomatica in cui è utilizzata un'immaginazione plastica, in cui il soggetto partecipa mente e corpo al compito ipnotico: per utilizzare una metafora, si può dire che l'ipnosi in terapia ha un ruolo simile a quello del simulatore di volo per i piloti. Questa caratteristica  rende l'ipnosi uno strumento estremamente efficace nell'aiutare il paziente nel processo di trasformazione , di ristrutturazione del suo problema e nell'acquisizione di nuove prospettive e abilità.

Potrebbe descrivere come impiegare l'ipnosi in alcuni ambiti pratici della vita professionale quotidiana di un normale odontoiatra?

L'ipnosi è un tecnica che può essere acquisita dall'odontoiatra senza difficoltà e in tempi relativamente rapidi. Con l'ipnosi è possibile non solo raggiungere un profondo rilassamento e consentire al paziente  di affrontare l'intervento superando le sue difficoltà, come l'ansia e il riflesso del vomito, ma anche favorire il processo di riapprendimento, che lo porta nel tempo a superare il suo problema  ed essere in grado di affrontare autonomamente le cure. Al di là dell'ipnosi intesa come tecnica formale con le sue tecniche di induzione, l'odontoiatra esperto in comunicazione ipnotica acquisisce nel tempo un nuovo modo di essere, di comunicare e di comportarsi che consente un miglior contatto empatico con il paziente e la capacità di  gestire in modo più proficuo il rapporto interpersonale e la relazione di aiuto: per fare un esempio, è spesso possibile prendere le impronte in un paziente difficile (ad es. per un riflesso del vomito) semplicemente aiutandolo con una comunicazione appropriata a realizzare un atteggiamento  e una collaborazione corretti e  positivi, potenziando quindi le sue capacità.

Quale percorso consiglierebbe ad un odontoiatra che desiderasse imparare questa tecnica ansiolitica?

A Torino. presso il Centro Italiano di Ipnosi Clinico Sperimentale, si tiene il corso annuale di formazione in ipnosi, aperto a tutte le professioni sanitarie (www.ciics.it), mentre all'Università di Padova, presso la Clinica Odontoiatrica, si tiene ormai da oltre 15 anni un Master di li livello in Sedazione ed Emergenza in Odontoiatria. Quest'ultimo ha come scopo di insegnare tutte le tecniche farmacologiche (per via orale, intranasale, endovenosa e inalatoria) e comportamentali di gestione del paziente; il percorso formativo comprende la fisiopatologia dell'ansia e della fobia odontoiatriche, la loro valutazione e gestione con tecniche comportamentali (iatrosedazione e ipnosi) e di sedazione cosciente farmacologica, la valutazione del rischio perioperatorio, le tecniche di monito­ raggio, di anestesia loco-regionale, la gestione del dolore postoperatorio e il trattamento delle emergenze che possono verificarsi nello studio odontoiatrico. Ovviamente, questi due corsi non si escludono a vicenda ma, al contrario , si integrano perfettamente nel processo di formazione del dentista sedazionista, ovvero di quella figura che corrisponde pienamente alle ineludibili competenze del dentista moderno (come sancite dalla LM-46 e dal PCD),che deve essere il medico della salute orale, come tale in grado di curare i pazienti con la massima sicurezza qualità globale delle cure, e non un semplice meccanico dei denti.

Terminiamo segnalando l'ultima fatica Letteraria del prof Facco: "Meditazione e Ipnosi. Tra neuroscienze, filosofia e pregiudizio"

Dr. Michele Caruso, Componente Commissione Albo Odontoiatri di Treviso

 

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